Se ieri sera era un sospetto oggi è una certezza. Silvio Berlusconi ci ha provato. Il grande ingannatore, l’uomo delle promesse non mantenute, del milione di posti di lavoro, meno tasse per tutti, contratto con gli italiani e via mentendo non aveva nessuna intenzione di andarsene. Voleva solo prendere tempo nella speranza di riuscire a ricompattare i cocci della sua ex maggioranza parlamentare con l’innesto di qualche nuovo “responsabile” e ottenere, al voto sulla legge di stabilità, quella fiducia che non aveva ottenuto ieri alla Camera e che gli avrebbe consentito di rimanere a palazzo Chigi.
Una mossa dettata dalla disperazione e dalla convinzione di essere più abile, più furbo degli altri giocatori che si è rivelata una autorete clamorosa.
Se c’è un aggettivo che non si adatta ad accompagnare il nome di Giorgio Napolitano questo è “sprovveduto”. Il presidente della Repubblica, che qualche sospetto lo aveva avuto tanto da sottolineare nel comunicato del Quirinale di ieri l’impegno alle dimissioni assunto da Berlusconi, si è così sentito in dovere di tornare sulla questione con una dichiarazione inequivocabile che non lascia spazio a furbizie di sorta. Cogliendo lo spunto delle notizie provenienti dalla borsa e dal nuovo attacco della speculazione finanziaria ai titoli di Stato italiani, ha di fatto dettato i tempi della crisi costringendo il governo a presentare quel maxi emendamento fantasma che le camere aspettavano da tempo e il Parlamento ad approvare la legge di stabilità in tempi da record (“nel giro di alcuni giorni”). E ha ribadito che “non esiste alcuna incertezza sulla scelta del presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi di rassegnare le dimissioni del governo da lui presieduto” subito dopo l’approvazione della finanziaria.
Colpito e affondato. Ma a scanso di equivoci, Napolitano non si è accontentato nominando in serata senatore a vita Mario Monti, colui che in questi giorni viene indicato come l’uomo al quale sarà affidato il tentativo di formare un governo di “salvezza nazionale”.
Tentativo non facile, va detto, anche se proprio in queste ore (e forse anche per effetto della dichiarazione di Napolitano) il fronte di quanti nel Pdl si oppongono all’idea di elezioni anticipate va allargandosi anche a dirigenti considerati fedelissimi del capo come Gianfranco Miccichè, Maurizio Lupi e, sembra, Gianni Letta. Ma la difficoltà vera, per Monti o chiunque altro avrà l’incarico da Napolitano, sarà quella di non fare conto su personaggi che certo non si fanno troppi scrupoli ad abbandonare la barca che affonda, quelli “sempre pronti a soccorrere il vincitore” come diceva Ennio Flajano. Che non si chiamano solo Razzi, Scilipoti o Sardelli: hanno facce più presentabili ma appetiti altrettanto fieri. E, come il loro tramontato leader, a cuore hanno soltanto se stessi. Un governo che nascesse grazie al loro apporto avrebbe la stessa debolezza di quello ormai defunto e non farebbe che accrescere il distacco dei cittadini dalla politica.
Comunque vadano le cose a questo punto un dato sembra certo. La disfatta berlusconiana è totale. E molto probabilmente se si dovesse andare al voto non sarebbe lui a gestire da palazzo Chigi la campagna elettorale. Se il presidente del Consiglio incaricato decidesse di presentarsi alle camere per la fiducia, anche se bocciato resterebbe in carica “per il disbrigo degli affari correnti” come recita la formula di rito. E, quindi, anche durante i comizi elettorali.
Ha voluto fare il furbo Silvio e ha finito per farsi ancora più male. “Vacce a prova’ sul 27 barato” era l’invito che veniva rivolto ai paraculi romani di un tempo. Che non voleva dire da qualche altra parte ma in un luogo inesistente, perché il 27 barrato era un non luogo, un autobus inventato ad hoc proprio per ospitare i troppo furbi. L’autobus sul quale forse presto vedremo salire Silvio Berlusconi.
La dichiarazione di oggi del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
“Di fronte alla pressione dei mercati finanziari sui titoli del debito pubblico italiano, che ha oggi toccato livelli allarmanti, nella mia qualità di Capo dello Stato tengo a chiarire quanto segue, al fine di fugare ogni equivoco o incomprensione:
1) non esiste alcuna incertezza sulla scelta del Presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi di rassegnare le dimissioni del governo da lui presieduto. Tale decisione diverrà operativa con l'approvazione in Parlamento della legge di stabilità per il 2012;
2) sulla base di accordi tra i Presidenti del Senato e della Camera e i gruppi parlamentari sia di maggioranza sia di opposizione, la legge sarà approvata nel giro di alcuni giorni;
3) si svolgeranno quindi immediatamente e con la massima rapidità le consultazioni da parte del Presidente della Repubblica per dare soluzione alla crisi di governo conseguente alle dimissioni dell'on. Berlusconi;
4) pertanto, entro breve tempo o si formerà un nuovo governo che possa con la fiducia del Parlamento prendere ogni ulteriore necessaria decisione o si scioglierà il Parlamento per dare subito inizio a una campagna elettorale da svolgere entro i tempi più ristretti.
Sono pertanto del tutto infondati i timori che possa determinarsi in Italia un prolungato periodo di inattività governativa e parlamentare, essendo comunque possibile in ogni momento adottare, se necessario, provvedimenti di urgenza”.